La chiesa, come riporta una pergamena in sardo volgare custodita nell’Archivio Storico Diocesano di Cagliari, fu edificata da tale Mariano Mellu nel XII secolo, il quale essendo senza eredi decise di donarla, con il consenso di Cumida de Serrenti del quale era servo, a Pietro Pintori vescovo di Suelli. Non si hanno notizie riguardanti le modifiche all’assetto originario intervenute successivamente con ampliamenti, realizzazione del portico e inversione dell’asse liturgico.
C’è una cosa che mi è sempre piaciuta del “recuperare” e che mi ha spinto a scegliere l’indirizzo in Restauro in Architettura. È l’emozione che si prova quando l’oggetto dell’intervento ritrova la sua dignità e l’energia vitale torna a scorrere forte in esso. Ecco, nel caso della chiesa di Santa Lucia questo tornare alla vita è stato talmente forte da poter essere percepito a distanza; nel momento in cui sono stati riaperti gli ingressi originari è stato come se l’edificio sacro ricominciasse finalmente a respirare.
L’antico prospetto con i tre ingressi riaperti e il campanile a vela in costruzione.
Il 31 maggio pomeriggio, presso la nuova sede dello studio di architettura SOTTOSTUDIO si è svolto l’evento “Facciamo architet-cura! Lavori di relazione in corso“, nell’ambito della manifestazione “Open! Gli architetti aprono i loro studi al pubblico” promossa dal Consiglio Nazionale Architetti.
Il tema prescelto dal CNA PPC per l’edizione 2024 di Open! è stato “La cura del territorio”. Sottostudio ha scelto di declinare il tema aggiungendo “e dei suoi abitanti” a “la cura del territorio”, secondo l’approccio progettuale che caratterizza lo Studio. Un aver cura del territorio che non è soltanto conservazione e tutela della materia fisica dei patrimoni architettonici, ma soprattutto consapevolezza che questo costruito ha rappresentato nel tempo una riserva di senso per la comunità e che è la crisi del sistema di relazioni tra l’uomo e il suo ambiente di vita che ne determina la fragilità. Pertanto, la sopravvivenza, la rinascita o la perdita di tali patrimoni dipendono dal ruolo che potranno ancora assumere oggi e domani per le comunità che li vivono.
Le esperienze che ci proponiamo di condividere con voi lavorano su questi rapporti di senso. Non si tratta mai di interventi fini a sé stessi ma, ciascuno a suo modo, prova a costruire dei legami con la comunità alla quale si riferisce.
Il restauro e risanamento conservativo della casa campidanese di “ladiri”, con il recupero di manufatti, spazi, forme e colori ben fissati nella memoria degli anziani della zona ma, soprattutto, con il progetto che informa da principio all’intervento, l’apertura dell’abitazione ad iniziative che coinvolgano la comunità, come avveniva un tempo.
I progetti di restauro delle chiese campestri, che si stanno realizzando con i fondi del bando Ras-PNRR Valorizzazione del patrimonio rurale e paesaggistico, non si fermano al recupero degli edifici ma sviluppano un progetto di valorizzazione complessiva, coinvolgendo la popolazione del posto e offrendo stimoli per la riappropriazione della memoria del luogo e, dunque, del senso delle cose.
Il PON-METRO “Facendo Ap(p)rendo” al di là dei percorsi progettuali sviluppati, poggia sull’idea di sostenere bambine e bambini nel percorso di crescita poiché possano, attraverso l’attivazione del potente mezzo della relazione creativa, arrivare ad un maggior grado di consapevolezza della realtà nella quale vivono, essere in grado di interagirci positivamente e di stimolare ulteriori positività al di fuori della scuola.
I lavori Culture-Lab 2018 “I sentieri alla scoperta della Sardegna di Sant’Efisio” e Fondazione Sardegna Isola del Romanico costruiscono una base di conoscenza di patrimoni di fondamentale importanza per gli abitanti e definiscono una mappa di nodi dai quali sarà possibile partire per creare complessità territoriale e consolidamento di memorie collettive.
Tutti questi progetti non esauriscono la loro parabola con il completamento dell’attività principale, che si tratti di un cantiere, di un laboratorio o di un rilievo, ma mettono le basi per voli successivi, molto più ampi e potenzialmente capaci di generare molta più complessità relazionale, infiniti punti di ripartenza e semi di risveglio della memoria di un popolo.
In questo sta l’importanza del lavoro di cura dell’architetto. Non si tratta soltanto di un esercizio poetico, ma di un guardare oltre il progetto stesso per ricercarne la relazione di senso con il resto.
Facciamo architet-cura! Lavori di relazione in corso
Lo studio di architettura Sottostudio, insieme allo special guest Mirion.net, apre le porte della nuova sede di Selargius, l’antica casa a corte ex Loni, con la presentazione del progetto di recupero dell’abitazione e di altre esperienze significative, attraverso immagini, proiezioni, modelli, campioni, presentazioni.
Vi proponiamo:
– la visita al cantiere dell’antica casa di terra cruda che ospita l’evento, con la possibilità di ripercorrere il processo di realizzazione, di riflettere insieme sul significato del progetto di recupero in centro storico e di fare approfondimenti sull’uso di materiali sostenibili e di tecniche costruttive tradizionali;
– la presentazione delle iniziative di valorizzazione del patrimonio paesaggistico e culturale come motori di sviluppo culturale, territoriale e sociale, anche attraverso l’uso di tecnologie di fotogrammetria e rilievo; nello specifico saranno illustrati i case history: Ras-PNRR Valorizzazione del patrimonio rurale e paesaggistico, Culture-Lab 2018 e “I sentieri alla scoperta della Sardegna di Sant’Efisio”;
– alcune considerazioni sull’importanza dell’educazione alla creatività come mezzo per sostenere gli istintivi bisogni di esprimersi e di socializzare propri dell’essere umano, e come stimolo per i più piccoli ad essere cittadini più attenti, aperti, empatici e inclusivi; verrà presentata l’esperienza del PON-METRO Facendo Ap(p)rendo, percorsi di inclusività tra arte, creatività e tecnologia alla scoperta del territorio.
Ci accompagneranno le poetiche visioni fotografiche di Monica Cossu.
Vi aspettiamo per dialogare insieme, scambiare idee e creare relazioni, che siate addetti ai lavori o semplici curiosi!
Negli ultimi anni abbiamo assitito ad una riscoperta in architettura della Biofilia, dell’amore per la vita, inteso come naturale attrazione dell’essere umano per ciò che è vivo e vitale. Il termine fu coniato dallo psicoterapeuta e filosofo Erich Fromm e ripreso nel 1984 dal biologo Edward O. Wilson nel suo libro Biophilia.
Questa naturale attrazione, detta anche istinto biofilico, si esprime nella tendenza dell’uomo a lasciarsi attrarre dagli stimoli naturali (attenzione involontaria o fascinazione) e nella capacità di partecipare emotivamente alle diverse forme di vita.
La fascinazione si attiva in processi quali il gioco, l’arte, le attività creative in genere, e anche durante l’immersione nella natura; non richiede alcuno sforzo e non genera fatica. La fascinazione consente all’attenzione diretta ( l’attenzione comunemente intesa, che utilizziamo quando svolgiamo un compito che genera fatica) di staccare e di rigenerarsi per permetterle di ritornare ad elevati livelli di efficienza. Da qui l’importanza della presenza degli elementi naturali anche negli ambienti chiusi, la nostra casa e il nostro luogo di lavoro.
Il contatto con la natura facilita la rigenerazione dell’energia vitale.
D’altronde, l’habitat ideale dell’essere umano pare che sia sopraelevato e con un’ampia visuale, vicino ad una distesa d’acqua e in continuità con spazi aperti, prati e alberi. Le nostre città e, spesso, anche le nostre case, si configurano come un non-habitat, una situazione ambientale negativa che anzichè sostenere la vita e il rigenerarsi delle energie vitali, le ostacola, favorendo l’insorgere di aggressicità e distruttività.
Se ancora non dovesse bastare, scomodiamo anche lo psicologo Howard Gardner e la sua teoria delle intelligenze multiple, in particolare l’ottava intelligenza, quella naturalistica. Gardner sottolinea l’importanza del contatto con la natura come forza strutturante la personalità in tutto lo sviluppo evolutivo del bambino. In assenza di questo contatto la istintiva propensione verso la natura potrebbe trasformarsi nel suo contrario (biophobia) o in una forma di indifferenza e di insensibilità per la vita stessa.
Nei prossimi articoli cominceremo a vedere come migliorare il nostro ambiente di vita per renderlo più naturale e adatto ad ospitarci.
La biofilia può essere definita come l’attrazione naturale dell’uomo per la natura, il senso di benessere che si prova nei paesaggi naturali. Questo perché il nostro primordiale habitat, oltre a far bene al nostro corpo, ha sopratutto un effetto terapeutico sulla nostra mente.
Sul tema esistono molte pubblicazioni. Come approccio al tema, tra le tante, vi suggeriamo questa, della quale metto il link alla pagina del gruppo macro con un commento e alcuni estratti:
La bellezza e l’armonia della natura hanno un effetto terapeutico sulle persone.
Che la natura ci faccia bene si sa da molto tempo. Era infatti il 1984 quando il biologo di Harvard Edward O. Wilson ha definito la biofilia. In tempi più recenti, dal 2002 in poi, il concetto è stato anche provato attraverso verifiche sperimentali. Secondo Wilson, più c’è affiliazione con la natura, più la nostra vita acquista immediatamente qualità.
Ma cosa c’entrano le mura domestiche con la biofilia? E’ quello che scopriremo insieme nel prossimo articolo.
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